Il 26 ottobre 2022 ho avuto il grande piacere di abbracciare, diciotto anni dopo l’ultima volta che lo ho incontrato, Joao Pedro Stedile.
Joao Pedro Stedile (mamma veneta e padre trentino) è uno dei tanti di origine italiana che ho incontrato nel Movimento Sem Terra del Brasile, un movimento straordinario che raggruppa milioni di persone in lotta per la terra ed ha una fortissima coesione, capacità organizzativa, di penetrazione sociale, visione politica e determinazione.
Joao è anche uno dei leader di Via Campesina, il movimento di contadini, piccoli agricoltori, pescatori artigianali, braccianti e organizzazioni sociali che in tutto il mondo si battono per la Sovranità Alimentare di cui egli stesso è uno dei principali ispiratori.
Ieri, nell’aula dell'”Orientale” di Napoli in cui Joao Pedro Stedile è venuto a tenere un incontro su invito dei giovani di Fridays For Future, intervendo a nome di Altragricoltura e dell’Alleanza Sociale per la Sovranità Alimentare, ho tributato un riconoscimento al suo insegnamento cui devo e dobbiamo tanto.
Lo ho fatto a nome e dentro l’esperienza della mobilitazione degli allevatori bufalini casertani che sono da oltre un anno in una battaglia straordinaria per difendere i loro animali, la loro terra, il loro futuro dall’aggressione della speculazione degli industriali del latte e della carne e della speculazione commerciale e dalla connivenza delle istituzioni occupate da una politica il cui unico interesse è quello di conservare quegli interessi oltre che coltivare i propri.
Una esperienza di resistenza, quella degli allevatori bufalini casertani, in campo da almeno quindici anni ovvero da quando la crisi indotta dal modello speculativo sta mostrando le carni scoperte dei molti problemi sociali, economici, ambientali che vanno esplodendo ma che da oltre un anno ha assunto forme inedite e originalissime che stanno portando ad esiti impensabili per chi non abbia consapevolezza del percorso in campo.
Una esperienza che avrebbe potuto essere archiviata velocemente come uno dei tanti episodi di rabbia spesso inefficace che si manifesta in uno dei tanti luoghi in cui deflagra la crisi rurale, destinata ad essere presto dimenticata insieme alla sconfitta di chi ha osato ribellarsi al destino cui la speculazione sta condannando tanti dei nostri territori e tanti dei nostri settori produttivi; al più dopo aver registrato il grido normalizzatore dei sindacati di categoria conniventi e le lacrime di coccodrillo della politica.
Una esperienza, invece che dura nel tempo, si consolida, allarga il consenso, si organizza, porta a casa risultati e cresce nella consapevolezza dei protagonisti sempre più coscienti della situazione, sempre meno disposti alla pratica della pacca sulla spalla della politica e sempre più determinati a raggiungere tutti gli obiettivi che di sono posti per uscire dalla crisi tutelando la loro funzione di allevatori e trasformatori artigiani e rilanciando tutta la comunità.
Una esperienza nata grazie all’incontro fra tre soggetti che hanno saputo incrociare la trama principale di un tessuto organizzativo e partecipato che si va allargando: una generazione nuova di allevatori che hanno deciso di scendere in campo da protagonisti, un tessuto di associazioni, sindacati, movimenti vivi protagonisti nel territorio di mille iniziative contro la camorra, per la giustizia e i diritti, l’esperienza di Altragricoltura e dell’Alleanza Sociale per la Sovranità Alimentare che hanno portato i venticinque anni di iniziative proponendo di uscire dalla crisi rurale affermando i diritti, superando l’approccio voluto dal modello dominante e portando in dote il metodo della pedagogia popolare e della costruzione dell’autonomia fondamentali per un progetto nuovo.
Un metodo ed un approccio che ho conosciuto nell’incontro con l’MST e Via Campesina e di cui proprio Joao Pedro Stedile mi ha offerto un grande esempio e da cui ho imparato a usare molti degli strumenti che oggi stiamo mettendo in campo nella vertenza degli allevatori Casertani.
Se devo ricordare un momento preciso in cui è scattato il percorso della mia consapevolezza, è sicuramente quello di una sera in cui in Brasile chiesi a Joao Pedro di spiegarmi come fosse stato possibile mettere su un movimento tanto forte e coeso, fortemente partecipato, con milioni di persone consapevoli capace di muoversi “come fossero uno”, con gli incarichi ai dirigenti a rotazione e un comune sentire molto forte.
La risposta di Stedile fu illuminante: il Brasile è nato con le lotte per la terra e con l’obiettivo di distribuire le terre. Obiettivo che poteva realizzarsi solo con la Riforma Agraria. Per ottenerla nel tempo si sono messi in campo fortissimi movimenti che aggregavano masse numerosissime di contadini poveri guidati e diretti da piccole avanguardie di dirigenti di partito. Ogni volta che il movimento cresceva fino al punto da poter ottenere la vittoria, immancabilmente si realizzava un colpo di stato dei militari che, in quel contesto, era estremamente semplice: bastava “fare fuori” i pochi dirigenti e le masse contadine senza più la guida e senza strumenti, si scioglieva e il processo si interrompeva fallendo. Così, per qualche decennio, il tema della distribuzione della terra scompariva, lo sfruttamento diventava ancora più duro, fino a quando, inevitabilmente, il processo e il movimento non si rimettevano in moto per riprodurre un ciclo che riproduceva la stessa dinamica secondo un copione in cui i contadini e i senza terra erano destinati a perdere. Tutto questo fino a quando negli anni settanta si mise in moto un altro processo non “diretto dal partito” ma fondato su un’altra dinamica. L’incontro fra le esperienze della sinistra e dell’impegno sociale con quelle della teologia della liberazione investendo su un altro metodo: quello della pedagogia popolare e quello dell’autonomia e della crescita della consapevolezza individuale e collettiva. “Oggi il nostro movimento non ha una testa ma migliaia di teste e i contadini non sono una inconsapevole armata che va al macello della repressione ma una schiera di militanti formati e consapevoli. Abbiamo investito sulla formazione, sulle scuole popolari, sulla mobilitazione come terreno su cui sviluppare consapevolezza e progetti. Insomma nessun colpo di stato può avere ragione di noi e il potere politico e i latifondisti devono fare i conti con un soggetto nuovo”.
Fu un insegnamento irripetibile: investire in consapevolezza, rendere gli agricoltori e gli allevatori protagonisti, offrirgli la possibilità di non togliersi il cappello davanti alla politica, sviluppare un movimento orizzontale con la partecipazione e superare la logica della delega inconsapevole …. tutti semi gettati in questi venti anni di lavoro nella crisi delle campagne italiane che a Caserta gli allevatori stanno facendo germogliare.
Tutto questo ho raccontato nel mio intervento all’Orientale a Napoli ieri prima di abbracciare Joao per fargli sentire fisicamente la riconoscenza che si deve a quanti ti hanno messo sulla giusta strada.
Avrei voluto anche raccontare un altro fatto ai giovani che erano ad ascoltare ed agli allevatori: avrei voluto raccontare di un altro insegnamento che ho avuto dal MST. Ero in Brasile con loro quando Lula vinse le elezioni (anche grazie al lavoro ed all’impegno del MST) e sono testimone di una decisione di quel movimento che sarebbe stata molto utile per tutta la politica italiana.
Dopo la vittoria di Lula, tutti i movimenti sociali e i sindacati che lo avevano sostenuto, espressero loro dirigenti in posti di governo. Il mio amico segretario nazionale dei metalmeccanici brasiliani, per esempio, diventò sottosegretario al lavoro. Così tanti altri rappresentanti sindacali. L’unico movimento che non indicò dirigenti fu il MST che sostenne: “Noi non esprimiamo ministri, tantomeno dell’agricoltura e rimaniamo fuori a continuare la mobilitazione sociale per la Riforma Agraria. Non lo facciamo contro Lula ma per Lula. Sappiamo che il suo sarà un governo di coalizione e che dovrà mediare fra interessi diversi. Meglio che noi rimaniamo fuori a fare il nostro lavoro sindacale per pretendere la Riforma”. Fu una lezione alla politica e la seconda lezione per me: l’autonomia del sociale che non significa apoliticismo ma significa esercitare il tuo rapporto con la politica sulla base della costruzione dei rapporti di forza, anche quando chi governa è politicamente e idealmente più vicino.
Pensate se la politica, i sindacati e i partiti italiani avessero fatto proprio questo insegnamento. Quell’anno i Sem Terra, con un governo “amico” ebbero una decina di morti negli scontri con i latifondisti per le terre.
Un prezzo grande che fa pesare ancora di più il valore della scelta dell’autonomia. Un prezzo che a noi costa meno: non la stanno pagando in termini di vite umane ma gli allevatori bufalini (come tutta la gente di Altragricoltura) sta imparando quanto grande sia l’autonomia sociale e politica.
Tutto questo ieri; ci siamo lasciati con Joao che si è impegnato a mandarci un contributo per il Focus che terremo venerdi sera (venerdi 28 ottobre) su Iafue per la Terra (la web Radio Tv dell’Alleanza Sociale per la Sovranità Alimentare promossa da Altragricoltura.
Sarà una trasmissione in cui presenteremo l’Alleanza e apriremo la campagna per la Nuova Riforma Agraria in Italia. Joao Pedro Stedile (che qualche giorno fa intervenendo alla tre giorni della Comunità di Sant’Egidio ha presentato al Papa l’appello di Via Campesina) interverrà per spiegare cosa è la Sovranità Alimentare.
Spero che sarete in tanti per seguire la diretta (www.facebook.com/altragricoltura) ma potrete anche rivederla in streaming dal sito dell’Alleanza Sociale per la Sovranità Alimentare (www.sovranitalimentare.it).
Gianni Fabbris – Presidente onorario di Altragricoltura
coordinatore dell’Alleanza Sociale per la Sovranità Alimentare